Sono un lurido passatista. Ammetto la mia colpa.
Almeno per quanto concerne le nuove tecnologie.
Sia chiaro: ho lo smartphone, navigo in internet, bazzico i social e faccio tutte le cose richieste ad un normodotato tecnologico in una società a capitalismo avanzato.
Il problema è che faccio tutto senza poesia. Tanti input e output, ma nessun tappeto per la mia anima. Nulla che dia un tono all'ambiente.
Covo, ad esempio, un desiderio nascosto: scrivere lettere. Prendere un foglio di carta, impugnare una penna e scrivere a mano una lettera. Poi imbustarla e spedirla. Presentarmi in pantaloncini e sandali all'ufficio postale, con l'immancabile paio d'occhiali scuri conficcati sul naso, e chiedere alla signorina molto speciale dell'ufficio di darmi un francobollo ché devo spedire una lettera. E poi bermi un white russian fuori al bar situato di fianco alla posta, fantasticando sulla faccia del destinatario nel ricevere una lettera scritta a mano nel 2019.
C'è una cosa che, invece, proprio non riesco a fare: usare le chat per mandare lunghissimi papielli, scritti o vocali, ad amici e conoscenti vari. Non so se vi è mai capitato, a me molto spesso: apro whatsapp o altre cose del genere e mi ritrovo un amico o un parente che mi ha scritto un messaggio tipo Guerra e Pace. Peggio mi sento se il mittente mi ha spedito un messaggio vocale della durata superiore al minuto.
Come diceva un vecchio dudeista inconsapevole incontrato per caso al bowling:
"Se dovete inviare un messaggio vocale superiore ai 30 secondi chiamate, porca troia!"
Volete dargli torto?
Pensateci.
Io intanto vi saluto.
Tenete botta, guagliù!
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