20 anni fa



20 anni fa, oggi.
20 anni fa spegnevo 17 candeline. Non avevo la patente. Non avevo capelli bianchi. Non ero fidanzato con quella che sarebbe diventata mia moglie. Ovviamente, non avevo figli. 
Il Napoli se la passava una schifezza. Il pizzetto era ancora relativamente corto. La chitarra era perennemente accordata. I colori dei tramonti erano più belli. Pesavo 30 kg di meno.
A parte questo, non ero un tipo felice. Perennemente incazzato per un motivo o con qualcuno. La politica, la voglia di cambiare le cose, gli sbirri che manganellavano e lanciavano lacrimogeni, le tifoserie avversare che cagavano il cazzo e andavano messe a posto, il rock che si commercializzava sempre di più, sto sfaccimma di nuovo millennio che prometteva cazzate a go-go (infatti non ha mantenuto nemmeno una delle promesse fatte 20 anni fa).
20 anni fa non ero certo un dudeista in erba. Oddio, in erba ci andavo spesso... ma il dudeismo non esisteva ancora. Anche perché Il Grande Lebowski uscirà solo l'anno dopo. Però già adoravo il bowling. Mi ero appassionato durante i numerosissimi filoni autunnali e primaverili a scuola. Andavamo spesso al bowling di Fuorigrotta, quello vicino l'Edenlandia. La maggior parte dei miei compagni di classe (e di filone) si piazzavano sul calcio balilla e potevano stare lì per ore. All'impiedi. Ad aspettare il proprio turno.
No, non faceva per me e per quella minoranza grunge che preferiva affondare nei divanetti. E i divanetti delle piste da bowling erano perfetti. Prendevamo una pista, davamo nomi che assomigliavano a sfottò, indossavamo le scarpette da bowling e iniziavamo a giocare.
20 anni fa festeggiai il mio compleanno proprio così. La mattina al bowling con gli amici e qualche ragazza a cui fare la corte (noi dudeisti Avanti Drugo avevamo modi particolari di fare la corte, diciamo che oscillavamo tra il romantico e il "passami la canna o levati dalle palle"). La sera andai a giocare a calcio, su un campo di pozzolana che chiamavamo Il Padovano.

Ho nostalgia di quel periodo? Certo che si. Ricordo, però, come mi sentivo a quei tempi... e non ero felice. Forse perché l'adolescenza è tutta un casino. Forse perché ci manca quando non siamo più adolescenti. Quindi la mia nostalgia è più nei ricordi e nei volti che incrociavo quasi ogni giorno piuttosto che nelle cose che facevo e nel modo in cui le vivevo.
Se potessi, tornerei a quel periodo? Certo che si. Ma solo una settimana, non di più. Poi vorrei tornare qui. Al mio lavoro da impiegato senza stimoli. A mia moglie. Ai miei figli. E alla partita di bowling che giocherò stasera per festeggiare il mio compleanno. 
Perché? Ma è semplice: non so quanti strike farò stasera. E il bello della vita è tutto lì: nel non sapere, nello scoprire. 
Nel vivere, non nel rivivere.

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