Calcio e Dudeismo: il portiere



Il calcio è uno sport fantastico, ma anche molto faticoso. Tutti abbiamo giocato da bambini: chi nello spiazzale vicino casa, sbucciandosi le ginocchia sull'asfalto per rincorrere un supersantos da duemila lire; chi sui campi di pozzolana delle scuole calcio, tirando calci a un pallone di cuoio.
Siccome tutti volevamo essere Maradona e nessuno voleva essere Garella, il più delle volte si facevano i turni in porta: a tempo oppure ad ogni gol, fatto o subito. Nessuno voleva giocare in porta. Poi vennero Benji Price ed Ed Warner, e allora a qualcuno di noi venne la voglia di tuffarsi per terra e di parare piuttosto che tirare.
Tra tutti i ruoli del calcio, il portiere è certamente quello più adatto ai dudeisti. Non parlo del portiere professionista, che si sottopone ad allenamenti fisici, atletici e tecnici davvero estenuanti. Parlo del portiere di periferia, lo scaciato protagonista delle infrasettimanali di provincia. Quello con la tuta alla Király e la panza che attutisce i tuffi. Quello che alle movenze feline sostituisce le movenze bovine. Quello che gioca per il premio partita: un panino con la salsiccia e una birra con gli amici. Se si è vinto una partita di torneo, allora si può persino festeggiare con un white russian prima di tornare a casa dalla Signora Molto Speciale.
Il portiere può parare con una mossa di Tai Chi e ha una divisa che dà un tono alla partita: sgargiante in genere, certamente diversa da tutte le altre in campo. Mentre tutti si affannano, lui può tranquillamente appoggiarsi al palo e contemplare il divenire cosmico. L'unico momento di autentica tensione è il calcio di rigore. Assomiglia un po' all'ultimo tiro di una partita di bowling, quando di fronte a te c'è un birillo infame che non è voluto cadere e ti ha impedito lo strike. 

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